Avevamo concluso la prima parte introducendo l’idea che la vergogna ha profondamente mutato la sua essenza. Cerchiamo ora di capire che cosa è cambiato. Non ci si vergogna della maleducazione, della disonestà, della mancanza di sincerità, del menefreghismo, dell’ignoranza, quindi le bruttezze interiori non provocano vergogna, se mai ci si sente a disagio per qualche chilo in più, per quella ruga sotto gli occhi, per quel seno non così grosso e sodo. Le donne che non rientrano nei cliché della moda conoscono bene il disagio per quella pancia non proprio piatta, oppure per quelle natiche che proprio non entrano in una taglia 42. Per l’ennesima volta tutto riconduce a qualcosa di esteriore, di effimero e superficiale. In passato la vergogna era legata alla “brutta figura” e, spesso, diveniva motivazione a migliorarsi dentro per non ripetere quel tipo di esperienza; certamente nessuno auspica un ritorno al passato, quando provocare vergogna nei bambini era quasi una sorta di terrorismo psicologico, ma occorre riequilibrare la situazione, anche perché siamo un po’ tutti stanchi di questa ostentazione orgogliosa e sfrontata di bruttezza interiore.
Per spiegare meglio a cosa mi riferisco, vi racconto questo breve aneddoto: poco tempo fa ho avuto modo di osservare il comportamento di due adolescenti maschi su un autobus urbano. Parlavano a voce bassa, senza usare il turpiloquio, senza avere atteggiamenti maleducati. Si è liberato il posto di fronte ad uno dei due e questi, con grande naturalezza, ha allungato le gambe poggiando le scarpe sul sedile. Questo è un esempio di “assenza di vergogna” che dimostra menefreghismo, perché le scarpe sono sporche e il malcapitato che userà dopo quel sedile, si sporcherà; maleducazione perché è una mancanza di rispetto per il prossimo; ignoranza delle più elementari regole della convivenza civile e dell’uso dei beni pubblici. Sono convinto che nel repertorio di pensieri di quel ragazzo i concetti che ho appena enunciato non sono presenti o lo sono in forma molto poco pregnante, perché nessuno li ha trasmessi né con le parole, né con l’esempio, né con le giuste punizioni. La carenza educativa in tal senso crea dei disabili sociali, persone che ignorano totalmente la trama di regole e convenzioni che fanno di un gruppo eterogeneo disorganizzato una struttura sociale. La prova di questo è data dal fatto che, di fronte alle rare dimostrazioni di insofferenza e di ribellione contro questo genere di comportamenti, i ragazzi mostrano di non capire, come se si parlassero lingue diverse. Manca la rappresentazione mentale di un vivere ed agire corretto per cui tutto va bene, complici gli adulti che spesso sanno dare il peggio di sé, diseducando. Naturalmente non tutta la società e, soprattutto, non tutti i giovani vanno in questa direzione, tuttavia il pericolo è che anche i “dissidenti” alla fine rinuncino per sfinimento e si adeguino al malcostume.
Abbiamo lasciato in sospeso l’ultimo interrogativo, ovvero se l’individuo moderno è capace di svincolarsi dall’adesione acritica a modelli esterni, per riuscire a ri-pensarsi e ri-progettarsi stabilendo da sé cosa vuole diventare. Credo che ci sia una crisi profonda in tal senso. Non siamo abituati a progettarci, se mai veniamo programmati e livellati fin da piccoli per essere conformi ai modelli dominanti. Il rischio è che vi sia un appiattimento del sè e all’individuo sia precluso quello slancio creativo, fondamentale per lo sviluppo della persona, che consente di tendere alla propria realizzazione. Quindi: mai abbassare la guardia!
Voglio concludere con un’ultima considerazione sulla vergogna legata al corpo, perché credo riguardi molte persone e anche le nostre lettrici. E’veramente orribile che una persona debba vergognarsi del proprio corpo (con tutto il bagaglio di disagio e dolore che questo comporta) perché qualcuno ha stabilito che esiste un modello e tanto più si è lontani da questo, tanto peggio è. E’ altrettanto orribile che da questo genere di vergogna, e dal desiderio di farsi accettare, scaturisca la motivazione per intraprendere una dieta; se mai è dall’ elaborazione di un progetto di sé improntato al volersi bene che può scaturire la decisione di perseguire una forma fisica migliore.
Gli antichi greci, maestri dell’arte classica, aggiungevano alle loro sculture alcuni muscoli che in natura non esistono al fine di ottenere la perfezione estetica assoluta. La motivazione era l’amore per la bellezza. Oggi ci propongono modelli corporei e abiti perfetti per i manichini e ci spingono a diventare, con ogni mezzo, come quei manichini. La motivazione è l’amore per il denaro.
Credo che un po’ di vergogna non guasterebbe.
Un caro saluto a tutte
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